Carlo Ancelotti ha rivissuto le sue tante esperienze da allenatore in Serie A. A cominciare da quella sulla panchina della Juventus che lo ha anche messo in pericolo: “Mi odiavano per aver giocato nel Milan, a volte dovevo uscire con la polizia. Non abbiamo vinto titoli, siamo arrivati secondi due volte… Non è stata un grande esperienza. Tutto era organizzato in modo fantastico lì. Non ho trascorso un bel periodo a causa del mio passato al Milan e alla Roma, ma ho imparato molto perché è un club di alto livello”.
E poi c’è Napoli, dove non è riuscito neanche a completare una stagione: “È la città più bella del mondo dove andare in vacanza. Lì mi allenavo, poi nel pomeriggio prendevo la barca e andavo a cenare a Capri. In Italia è un club di buon livello, che punta a stare tra le prime quattro. Il secondo anno ho discusso con il club per un ritiro che loro volevano e io no, ma non c’è stato nessun conflitto”.
Ancelotti e gli anni d’oro al Milan
Tutta un’altra musica si è sentita al Milan. Qui Ancelotti ha costruito le basi per una carriera da favola: “La sua sfida era vincere in due anni e ci è riuscito. Abbiamo vinto la Coppa dei Campioni nel 1989 e nel 1990. L’ho anche votato alle elezioni, era un genio. Quando allenavo gli piaceva parlare di calcio, ma veniva sempre da me quando le cose andavano bene, mai quando andavano male”.
Il suo rapporto con Silvio Berlusconi è tutto da raccontare e da ascoltare, a seconda dei punti di vista. Anche per le fissazioni tecniche e tattiche dell’ex presidente rossonero: “Spesso mi parlava di giocare con tre attaccanti. Voleva che mettessi Kaká, Inzaghi e Shevchenko. Girava la leggenda che mi dettasse le formazioni, ma non è vero. Un presidente non mi ha mai detto di mettere questo giocatore o l’altro”.
Carlo Ancelotti: un uomo, mille vite in panchina.
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Fonte immagine: Profilo Instagram @escritoriomaadridista