E’ cominciato tutto alla vigilia di Natale del 2019 in quel di Bergamo, laddove un Milan piccolo e smarrito veniva umiliato dall’Atalanta di Gasperini con un perentorio 5 a 0 che non ammetteva repliche. Quel giorno i rossoneri toccarono il fondo della loro storia recente e da lì partiva la risalita culminata con il trionfo di ieri al Mapei Stadium. Maldini e Boban si resero conto che a quella squadra, oltre a giocatori di qualità, servivano prima di tutto calciatori di grande spessore umano, dal carisma contagioso, capaci di traghettare un gruppo di giovani impauriti alla consapevolezza di essere squadra.
In funzione di questa esigenza arrivavano Kjaer e Ibrahimovic che, passo dopo passo si sono rivelati fondamentali nella crescita della squadra, dal lockdown in poi.
E’ lo Scudetto dello Società
Per vincere è fondamentale che ci sia unità di intenti da parte di tutte le componenti ma non può non esserci una base di conoscenza e competenza di alto livello.
Maldini e Massara in questi 3 anni hanno fatto un lavoro semplicemente straordinario, aggiungendo un mattoncino dietro l’altro senza mai invadere lo spazio dello staff tecnico anzi semmai supportandolo nei momenti difficili quando le difficoltà avrebbero potuto far crollare l’impalcatura. Solide basi, visione lungimirante con la costruzione di un gruppo giovane e affamato. Uno dei meriti più grandi è stato quello di non piegarsi alle richieste folli dei procuratori, lasciando andar via Donnarumma e Calhanoglu a parametro zero mantenendo una rotta che ha rappresentato una svolta nel panorama calcistico italiano.
Nessuna spesa folle sul mercato e totale mancanza di frenesia nel momento in cui gli avversari riempivano le prime pagine dei giornali con le acquisizioni di Vlahovic e Gosens. “Serve un centrale” dicevano, e invece il Milan il centrale ce l’aveva già in casa, quel Pierre Kalulu che è costato appena 500mila euro e che, insieme a Tomori e Maignan, ha letteralmente blindato la difesa rossonera, subendo 2 gol nelle ultime 11 partite e appena 9 in 19 partite del girone di ritorno. Chapeau.
E’ lo Scudetto di Pioli
Un altro passo indietro. All’inizio della stagione 2019/2020 il Milan sceglie Giampaolo per la panchina ma è palese dalle prime uscite che qualcosa non funzioni. Il “Maestro” preferisce Ricardo Rodriguez al neo arrivato Theo Hernandez (!), suggerisce a Paquetà di essere “meno brasiliano” (!!!) e si intestardisce nel voler schierare Suso come trequartista (!!!!!!).
La dirigenza rossonera lo esonera nonostante la vittoria di Genova e chiama Stefano Pioli alla guida della squadra. I mugugni sui social adesso sembrano un lontano ricordo ma chi ha buona memoria non può dimenticare che l’hashtag #Pioliout all’epoca fosse assolutamente di tendenza. L’ex allenatore di Fiorentina, Lazio e Inter fa delle cose molto semplici, rimette i calciatori nei loro ruoli congeniali e nonostante i primi mesi siano complicati porta avanti un progetto basato su idee di gioco chiare e lineari ma soprattutto trasmette consapevolezza. Dopo il lock down, nell’estate del 2020 il Milan appare trasformato e nella stagione successiva corona un percorso eccellente con il secondo posto alle spalle dell’Inter e la conquista dell’accesso alla Champions League che mancava da 8 anni.
All’inizio di questa stagione, ancora una volta, il Milan non partiva affatto con i favori del pronostico e a sentire i media, era come se ogni partita per i rossoneri fosse un esame di laurea. Nonostante infortuni in quantità industriale, assenze dovute al Covid, partenze obbligate per la Coppa d’ Africa, Pioli ha tenuto botta non venendo mai meno al suo mantra tattico/ideologico e riuscendo a sopperire a lacune emerse durante la stagione in cui Brahim Diaz ha deluso le attese e in mancanza di una reale alternativa sulla trequarti, il tecnico rossonero ha riproposto talvolta Kessie e nelle ultime giornate Krunic, consentendo a Tonali di spingersi più a ridosso dell’area di rigore avversaria. Pioli ha visto fiorire la sua squadra pian piano e nel girone di ritorno ha messo Rafael Leao nelle condizioni di diventare assolutamente devastante.
E’ lo Scudetto dei ragazzi terribili
Partiamo da un dato. Il Milan è la squadra in Europa capace di vincere il titolo con la rosa più giovane, addirittura 25.8 anni. Il protagonista assoluto è stato il portoghese Rafael Leao, autore di un girone di ritorno semplicemente mostruoso. E nelle ultime 5 decisive partite il suo score recita così:
- assist a Giroud nella vittoria con la Lazio
- gol decisivo alla Fiorentina
- Doppio assist a Tonali nella vittoria di Verona
- Gol che sblocca il risultato contro l’Atalanta
- Triplo assist contro il Sassuolo
Nella nostra serie A è capitato davvero di rado poter ammirare un calciatore così determinante e decisivo, probabilmente non accadeva dai tempi di Ronaldo, il fenomeno brasiliano. Non serve aggiungere altro.
E’ lo Scudetto di Tonali, milanista per eccellenza di cui abbiamo già raccontato la storia nelle settimane passate, lo Scudetto di Giroud che ha sfatato il tabù della maglia numero 9 tanto che ognuno dei suoi 11 gol ha contribuito ad una vittoria, praticamente un talismano.
E’ lo Scudetto di Theo Hernandez, capace di migliorarsi in fase difensiva senza perdere efficacia nelle sue progressioni in avanti, costituendo con Leao la fascia sinistra più forte d’Europa.
E’ lo Scudetto della coppia centrale Kalulu-Tomori, della crescita esponenziale di Calabria, di Bennacer e Kessie che si sono alternati a Tonali in mezzo al campo, di Messias e Saelaemakers sulla fascia debole del fronte offensivo rossonero ma pur sempre utili alla causa in fase di non possesso.
E’ lo Scudetto di una squadra di leoni, bistrattata, sottovalutata, che ogni mattina quando si sveglia sa che per vincere avrà bisogno di avere fame. E adesso che l’obiettivo è raggiunto, il pranzo è servito.
Seguiteci anche su Instagram, per scoprire tante curiosità dal mondo del calcio e vedere qualche protagonista in diretta.
Fonte immagine: *Profilo Instagram @acmilan