Fa male, ragazzi. Fa veramente male. Per noi nati negli anni ’80, cresciuti nel mito di Baggio e Totti, il pensiero di vivere un altro mondiale da spettatori è davvero una pugnalata al cuore. Ed esattamente come accadde 4 anni fa sarà parecchio complicato superare lo shock per questa inattesa debacle. Anzi, probabilmente lo sarà ancora di più perché le premesse erano diverse e il percorso di Mancini con questa nazionale era stato un crescendo rossiniano culminato con il trionfo di Wembley. Cosa è cambiato da allora?
Il carro si è svuotato
Non poteva essere diversamente. La tragica (sportivamente parlando) serata di Palermo ha scatenato le reazioni di tifosi e addetti ai lavori che intervenendo sui social e sui media hanno voluto dire la loro sui motivi che hanno portato a questa clamorosa eliminazione. Legittimo ma fino ad un certo punto. Lungi da me puntare il dito su questo o quell’altro protagonista (in negativo), ci hanno già pensato flotte di pagine social ad apostrofare malamente gli azzurri. E’ un gioco acchiappaclick che non mi appartiene e a cui rinuncio volentieri. Preferisco le analisi costruttive e in questo caso è necessario fare un passo indietro per capire cosa non ha funzionato dopo la vittoria degli Europei.
Identità smarrita
Mancini ha portato nella Nazionale italiana un cambio radicale di mentalità sotto tanti punti di vista. Ha lanciato giovani che non avevano nemmeno esordito in Serie A (leggasi Zaniolo), ha imposto che si puntasse sul possesso palla, sugli scambi veloci in mezzo al campo sfruttando movimenti e verticalizzazioni. Una vera rivoluzione per chi non ha mai avuto nel suo Dna questo modello di gioco . Eppure, sembrava funzionare, eccome. L’Italia è rimasta imbattuta per 36 partite stabilendo un record difficile da superare e fino ad un certo punto ha giocato un calcio brillante, propositivo e soprattutto efficace. Il primo tempo giocato col temibile Belgio nei quarti di finale di Euro 2020 resterà uno dei momenti più alti dell’Italia del Mancio. Sarà un caso ma l’inversione di marcia è avvenuta nel momento in cui a Spinazzola è saltato il tallone d’Achille. Da quel momento in poi è come se il meccanismo si fosse inceppato e il limite di Mancini è stato quello di non riuscire a porre rimedio.
Prodezze individuali come quelle di Chiesa e Donnarumma hanno mascherato il problema consentendoci di riportare a casa quel trofeo che mancava da più di 50 anni, ma è stato proprio in quel momento che il tecnico di Jesi avrebbe dovuto capire che quel calcio così affascinante era destinato a dissolversi nel nulla.
Eppure le alternative c’erano…
Da settembre in poi la Nazionale si è letteralmente dissolta, come se avesse preso il sopravvento la convinzione che “tanto le partite si vincono da sole”. Niente di più sbagliato.
Il campionato ha mandato dei segnali forti a Mancini ma non sono stati colti, sia dal punto di vista degli uomini che del modulo. La sua irrinunciabile difesa a 4 ha cambiato letteralmente faccia nella sua interezza ma sia Bastoni che Mancini giocano a 3 nei loro rispettivi club. Insistere su Emerson ha ingigantito l’handicap dell’assenza di Spinazzola, eppure Biraghi con Italiano si era ritrovato.
Il centrocampo è il reparto dove Mancini aveva più scelte ma insistere col trio Verratti, Jorginho, Barella (quest’ultimo in evidente debito di ossigeno) ha inevitabilmente chiuso le porte a Pellegrini e Tonali. Il romanista è uno dei pochi in Italia a saper verticalizzare come si deve ma la sua posizione ideale è alle spalle della punta centrale e il centrocampo a 3 non lo agevola. Il rossonero sta giocando una stagione da protagonista nel Milan primo in classifica e nonostante vari momenti di emergenza ha tenuto botta riuscendo a sopperire alle assenze dei compagni di reparto mettendoci qualità e quantità. E veniamo alla vera nota dolente: l’attacco. La partita con la Macedonia ha drammaticamente evidenziato che, a parte la splendida prestazione di Verratti, solo Berardi è riuscito a creare scompiglio nella difesa avversaria, pur risultando parecchio impreciso. Mancini ha scelto Joao Pedro che nel Cagliari gioca seconda punta ma ha totalmente ignorato Zaccagni e Caprari che sarebbero stati sicuramente più funzionali nel suo modo di giocare, essendo esterni offensivi in grado di dare il cambio ad un Insigne ancora una volta inefficace e inadeguato.
Su Immobile potremmo discutere all’infinito, non avrà lo strapotere fisico di Vlahovic e la qualità tecnica di Lewandowski ma se nessuno è riuscito a metterlo in condizione di tirare nello specchio, le colpe sono quantomeno condivise con il resto della squadra.
Voi direte, probabilmente non sarebbe cambiato nulla, magari saremmo andati fuori lo stesso col Portogallo e pur non avendo la controprova può essere vero. Ma ciò che è mancato davvero è stato aver interrotto di colpo quel magnifico percorso che sembrava aver cambiato la storia della Nazionale Italiana dopo vari lustri passati tra difesa e contropiede. Difficile ammetterlo ma la vera sconfitta sta tutta qui. E ripartire sarà durissima.
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Fonte immagine: *Pagina Facebook Nazionale Italiana di Calcio