Viktor Kovalenko sta vivendo in maniera terribile. Non può concentrarsi troppo sul calcio giocato perché la sua famiglia è rimasta in Ucraina: “Per fortuna sto bene. Ma l’incertezza è tremenda. Non sappiamo quanto ancora potrà durare questa guerra assurda. Kherson è occupata, a 15 km dalla nostra casa sono state sganciate le bombe. In quella zona, se vedono passare una macchina, i russi sparano: non importa se ci sono civili, donne o bambini”.
Il centrocampista dello Spezia, intervistato per Gazzetta.it, ha fatto capire quanto è difficile per i suoi cari tentare la fuga: “Per uscire da Kherson bisogna superare tre posti di blocco. Ma c’è anche un altro aspetto da considerare. I miei genitori non accetterebbero mai di partire. E questo vale per tanti ucraini. Se abbandoni la tua casa, sei sicuro che al ritorno non troverai nulla: i russi entrano e prendono tutto”.
Kovalenko e la guerra
Il giocatore arrivato in bianconero dall’Atalanta svela anche i contatti con la sua famiglia. Anche se non è del tutto convinto che i suoi cari siano al sicuro: “Al mattino telefono a mio fratello, ma spesso dopo venti secondi la linea cade. Le comunicazioni sono difficili, vengono bloccate. Poi nel pomeriggio parlo con mamma. Cercano di tranquillizzarmi, ma non riesco a capire se mi dicono davvero la verità o se alcune cose le tengono per sé”.
Naturalmente pensare al calcio non è facile in queste condizioni. Kovalenko, dal canto suo, ammette quanto sia brutto vedere le immagini dei suoi connazionali in guerra: “Sono preoccupatissimo, per provare a dormire almeno qualche ora prendo i prodotti che mi ha suggerito il medico dello Spezia. Ma è davvero complicato. Vivo sempre con il pensiero che all’improvviso possa arrivare qualche brutta notizia. È brutto accendere la televisione e vedere certe immagini”.
Neanche il calcio a volte può essere una medicina.
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Fonte immagine: Profilo Instagram @vitykovalenko