L’ex allenatore Alberto Zaccheroni ha deciso di parlare di quello che è stato il suo spiacevole incidente domestico, cosa che gli è costata non poco e che ha comportato un lento recupero.
In merito a questo afferma: “Sono vivo per miracolo, ma del mese in terapia intensiva non ricordo nulla, della caduta in casa non mi ricordo nulla, so solo quello che mi ha raccontato mia moglie Fulvia. Lei era al piano terra, io stavo verosimilmente scendendo le scale e sono scivolato. Sono ruzzolato per otto-dieci gradini. Lei è accorsa perché ha sentito le mie urla. Avevo battuto la testa, lei dice che ero in un lago di sangue, con la testa aperta e un occhio fuori dall’orbita. Può immaginare il suo spavento. L’indomani fui operato per ridurre l’emorragia, ho una grossa cicatrice sulla testa a ricordarmelo. Mi avevano intubato, avevo il sondino”.
Una caduta davvero pericolosa che avrebbe potuto costargli la vita, tra quello che ricorda però c’è anche un episodio in ospedale: “La prima immagine che ricordo dopo essermi svegliato dal coma è stata nella stanza dell’ospedale con solo il personale medico, non era stato ammesso nessun familiare. Mi siedo e mi guardo le gambe: dopo un mese steso a letto, sembravano quelle di un anziano. ‘Dove sono finiti i miei muscoli?’ ho chiesto incredulo. Ho rischiato la vita, non giriamoci attorno. La botta è stata tremenda, il grande sollievo è non aver riportato danni cerebrali. Ho fatto fisioterapia, lavorato con logopediste. Devo ringraziare i medici e tutto il personale dei due istituti che mi hanno seguito. Sono stati straordinari. Noi spesso diamo per scontato il loro lavoro ma se cammino mentre parlo con lei, devo dar merito ai dottori. Ho perso due diottrie dall’occhio, il male minore considerando il danno iniziale. Sono senza patente perché prima di riottenerla dovrò sostenere dei test e ho qualche deficit di memoria a breve. Che paziente sono stato? Sono stato dimesso il 22 aprile, ho atteso qualche giorno e poi sono andato a salutare il personale del Bufalini. Non ho riconosciuto neanche l’ospedale. A mia moglie Fulvia ho detto “ma che posto è?”. Le infermiere mi hanno riferito che sono stato ribelle, mi agitavo e mi strappavo i tubicini”.
Adesso cambiano anche i suoi bisogni:
“Se prima camminare era un hobby, adesso è una necessità. Ieri ho fatto 10 chilometri, mi sto impegnando a recuperare tono muscolare. Voglio riprendere in mano la mia vita, devo riuscire a tornare in possesso della mia quotidianità.”
Spende anche qualche parola in merito a quello che è successo con la brutta alluvione che ha distrutto buona parte del litorale di Cesenatico, che ha colpito da vicino l’attività del figlio, infatti dice: “L’alluvione? La mareggiata ha mangiato parte del litorale di Cesenatico. Mio figlio ha uno stabilimento balneare e quindi il problema ci tocca da vicino. Ma noi romagnoli siamo geneticamente gente laboriosa, ci risolleveremo. Mi ha colpito, la coscienza civile dei ragazzi. In tanti si sono messi a disposizione, come volontari, per aiutare.”
Purtroppo, si tratta di spiacevoli eventi che segnano in modo netto la vita delle persone coinvolte, ecco perché la solidarietà e il sostegno sono le uniche due vie giuste da seguire!
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